Nel
2015 le esportazioni negli Usa di vino e spumante made in Italy supereranno
quota 1,7 miliardi di dollari. Lo fa sapere il presidente dell’Italian
wine&food institute, Lucio Caputo, secondo il quale negli Stati Uniti si
sta intravedendo una ripresa economica che, unita al favorevole tasso di cambio
euro e dollaro, contribuirà all’ulteriore espandersi dell’export vinicolo. Quanto
al bilancio 2014, secondo le stime Iwfi, le importazioni dall’Italia hanno
superato i 2,4 milioni di ettolitri per un valore di 1,3 miliardi di dollari,
facendo chiudere l’anno con una quota di mercato rispettivamente del 28% e del
34% sul totale. La posizione dell’Italia acquista ancora maggiore rilevanza, se
si considera che l’export tricolore supera di 1 milione di ettolitri e di oltre
950 milioni di dollari quello dell’Australia, secondo paese esportatore verso
il mercato Usa, che in passato aveva insidiato la leadership italiana. Ancora
più consistente il margine di vantaggio, sia in quantità che in valore,
rispetto a Cile, Argentina e Francia, rispettivamente terzo, quarto e quinto
paese fornitore. L’Italia, inoltre, nel 2014 ha mantenuto la propria posizione
meglio degli altri paesi concorrenti, mantenendo volumi e contenendo l’aumento
dei prezzi. Sul fronte interno, il comparto vitivinicolo soffre invece da
qualche tempo di una decisa flessione dei prezzi all’origine. Un vortice al
ribasso che riguarda in particolar modo i vini comuni (ex vini da tavola) con
decrementi anche a due cifre su base annua e, in misura minore (e con qualche
eccezione), anche i vini Dop e Igp. Nemmeno il calo produttivo dell’ultima
vendemmia ha invertito questa tendenza: il mercato sembra non risentire della
flessione dell’offerta che dovrebbe causare (a parità di altre condizioni) un’inversione
dei listini e un rialzo del prezzo. In questo contesto, anche il modesto tasso
d’inflazione (che comporta una diminuzione del livello generale dei prezzi)
sembra non fornire slancio ai consumi interni, in progressivo (e ormai strutturale)
calo.
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