martedì 18 ottobre 2016

Agroalimentare: "Puntare su qualità e trasparenza"


I consumatori italiani sono più consapevoli, attenti alla salute e alla sostenibilità. E' quanto emerso a Cernobbio durante il Forum dell'organizzazione agricola in cui si è parlato anche di latte ed etichettatura.

Sicurezza alimentare, consumi, mercati e zootecnia sono stati gli argomenti principali della 15° edizione del Forum internazionale dell’agricoltura e dell’alimentazione che si è tenuto a Cernobbio, sul Lago di Como, il 14 e 15 ottobre scorsi.

In apertura della manifestazione sono state presentate le confezioni di latte, burro e mozzarella con le nuove etichette: dall’Unione europea è infatti arrivato il via libera, tramite il silenzio-assenzio, all’indicazione di origine obbligatoria per il latte e i prodotti lattiero-caseari come richiesto dall’Italia.

L’attenzione è stata poi portata su un altro tema che riguarda la sicurezza alimentare e gli allevamenti italiani: l’entrata in vigore del “decreto salumi” che recepisce norme comunitarie concernenti la disciplina della produzione e della vendita di alcuni prodotti di salumeria.

Secondo Coldiretti verranno così “aumentati di un punto percentuale i tassi di umidità relativi al prosciutto cotto, a quello cotto scelto e a quello cotto di alta qualità. Il contenuto di acqua consentito sarà pagato dagli acquirenti come se fosse carne. L’incremento del tasso di umidità previsto per le tre categorie di prosciutto andrà, a minare la qualità del prodotto stesso a discapito del maiale italiano, le cui carni hanno caratteristiche qualitative superiori a quelle dei maiali importati dai paesi del Nord. Il decreto cancella poi il divieto di utilizzo di aromi chimici, aprendo così la strada alla possibilità di correggere gusto e sapore dei salumi fatti con materia prima scadente e di dubbia origine”.

Le esportazioni italiane, non solo quelle zootecniche ma di tutti i settori, dall’agroalimentare alla moda fino alle auto e al mobile, hanno ora anche un altro ostacolo: la Brexit. L’uscita della Gran Bretagna dall’Unione europea ha provocato un calo del 12% dell’export del Belpaese in Uk, si legge in una nota dell’organizzazione agricola, che prevede una perdita totale di 2,7 miliardi in un anno se questo trend continuerà. 

Preoccupa inoltre il rischio che si affermi in Gran Bretagna una legislazione sfavorevole alle esportazioni agroalimentari italiane. “Si dovrà verificare il destino a livello comunitario della procedura in corso per fermare le etichette a semaforo che la Gran Bretagna ha deciso di far adottare al 98% dei supermercati inglesi nonostante si tratti di un ostacolo alla libera circolazione delle merci” ha ricordato il presidente nel sottolineare che “il sistema esclude paradossalmente dalla dieta alimenti sani, dal Parmigiano Reggiano al Prosciutto di Parma, per promuovere le bevande gassate senza zucchero, fuorviando i consumatori rispetto al reale valore nutrizionale e colpendo il 60% delle produzioni italiane”.

Ma anche i consumatori italiani devono fare attenzione a quello che acquistano. Secondo "La classifica dei cibi più pericolosi" elaborata sulla base del Rapporto del ministero della Salute sul sistema di allerta europeo, infatti, sui nostri mercati nel 2015 c’è stato un boom di prodotti stranieri delle categorie finite sotto accusa per l’eccessiva presenza di residui chimici, micotossine, metalli pesanti, contaminanti microbiologici, diossine o additivi e coloranti.

Un esempio sono gli arrivi nello scorso anno di nocciole dalla Turchia, considerate il prodotto più pericoloso per la presenza di aflatossine oltre i limiti, che sono aumentati in valore del 47%, facendo segnare il valore record di 295 milioni di euro, con un ulteriore balzo in avanti dell’8% nel primo semestre del 2016.

L’organizzazione agricola ha sottolineato la necessità di rendere pubblici i flussi commerciali delle materie prime provenienti dall’estero per far conoscere ai consumatori i nomi delle aziende che usano ingredienti stranieri. “Solo in questo modo sarà possibile liberare le imprese italiane dalla concorrenza sleale delle produzioni straniere realizzate in condizioni di dumping sociale e ambientale con rischi concreti per la sicurezza alimentare dei cittadini”.

Gli italiani però non si lasciano ingannare dai prezzi più bassi, tagliano piuttosto le quantità e puntano invece su qualità, sostenibilità, ambientale e sociale, e sono incuriositi dai nuovi alimenti con proprietà salutistiche. E’ quanto emerge dall’analisi sulle scelte di acquisto degli italiani presentata al Forum che registra un calo nei consumi di ben 2,5kg alla settimana, per un carrello della spesa settimanale di 18,9 kg, toccando così il minimo storico da dieci anni.

I consumatori del Belpaese sono più consapevoli dell’importanza dello stile alimentare nell’insorgenza di talune patologie. Riguardo ai fattori che determinano la propria dieta, scrive Coldiretti, il 41,5% degli italiani indica i propri gusti, il 39,4% la ricerca della qualità e della genuinità, il 29,5% la voglia di alimenti che facciano bene alla salute e prevengano malattie e una quota inferiore del 28,4% indica i prezzi.

“L’attenzione dei consumatori per il valore qualitativo ed etico di quello che portano in tavola è sicuramente un fatto positivo - ha dichiarato Moncalvo -. Il miglior modo per sostenere questa rinnovata centralità del cibo è consentire ai cittadini di fare scelte di acquisto consapevoli garantendo loro una piena trasparenza sulla reale origine di ciò che mettono nel carrello”.

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