venerdì 29 luglio 2016

FOGLIE TV - Bayer CropScience Vegetable Seeds presenta la varietà di pep...



Negli ultimi anni il mercato richiedeva un peperone di qualità realmente alta, che si adattasse perfettamente alla coltivazione in serra o tunnel in tutte le zone vocate italiane. Non era certo facile trovare la giusta soluzione. Eppure Balzac F1, peperone a marchio Nunhems®, si è dimostrato, in quattro anni di produzione commerciale, in grado di soddisfare le diverse richieste di tutti gli attori della filiera.  Con l’obiettivo di ampliare sempre più la platea di coloro che conoscono e apprezzano i pregi di Balzac F1, Bayer CropScience Vegetable Seeds ha organizzato presso il Mercato ortofrutticolo di San Marzano sul Sarno (SA) il Balzac Day, ispirato allo slogan “Scegli Balzac F1 e dormi tranquillo”.

Latte. Esteso ai formaggi sistema del pegno rotativo per favorire il credito alle imprese

Il Ministero delle Politiche agricole alimentari e forestali comunica che, per rispondere alle esigenze di credito delle aziende lattiero casearie, è stato firmato insieme al Ministero dello Sviluppo Economico il Decreto interministeriale sulla costituzione del "pegno rotativo" su prodotti lattiero-caseari di lunga stagionatura. Il provvedimento, ora trasmesso alla Gazzetta ufficiale, fornisce un ulteriore strumento di garanzia per tante imprese, protagoniste di un comparto strategico per tutto il settore agricolo nazionale.

Il "pegno rotativo", infatti, consiste nel porre prodotti lattiero caseari (le forme di formaggio stagionato) come garanzia per accedere al credito. Le aziende debitrici potranno conservare le forme nei propri stabilimenti a condizioni pattuite con gli istituti di credito. Il pegno si dice "rotativo" in quanto i produttori potranno sostituire le forme sottoposte a pegno, senza necessità di ulteriori adempimenti burocratici. Fino ad oggi questa possibilità era circoscritta al settore dei prosciutti.


Il decreto definisce, tra l'altro, le modalità di applicazione, che a differenza di quanto previsto nel caso dei prosciutti, non prevedono uno specifico contrassegno.

Bando Isi-Agricoltura 2016: stanziati 45 milioni di euro per il miglioramento della sicurezza nelle micro e piccole imprese

Il Ministero delle politiche agricole alimentari e forestali rende noto che è attivo il bando Isi-Agricoltura 2016 con il quale vengono stanziati 45 milioni di euro per il miglioramento della sicurezza nelle micro e piccole imprese.

Il finanziamento è destinato infatti agli investimenti per l'acquisto o il noleggio di macchine e trattori caratterizzati da soluzioni innovative per l'abbattimento delle emissioni inquinanti, la riduzione del rischio rumore e il miglioramento del rendimento e della sostenibilità globali delle aziende.

"Sostenibilità, innovazione e sicurezza i principi cardine dell'intervento - afferma il Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali, Maurizio Martina - Attraverso le risorse dedicate contribuiamo ad ammodernare il parco macchine in attività nei nostri campi, mirando soprattutto a prevenire i rischi sul lavoro. Attenzione particolare va ai giovani che, anche in questo bando, hanno una corsia preferenziale per il sostegno ai loro investimenti. L'agricoltura si conferma centrale per l'attività di governo come dimostra il coinvolgimento attivo dell'Inail e del Ministero del Lavoro in questo progetto".

"Destinare, per la prima volta, risorse specifiche al miglioramento delle condizioni di sicurezza e di salute in agricoltura - sottolinea il Ministro del Lavoro Giuliano Poletti - è un segnale importante di attenzione a un settore dove rafforziamo ancora la sicurezza sul lavoro e testimonia l'impegno costante per la prevenzione dei rischi che sta giustamente assumendo un ruolo crescente nell'attività di Inail".

"Il bando Isi-Agricoltura - sostiene il presidente dell'Inail, Massimo De Felice - è strumento finalizzato che aumenta l'efficacia delle strategie di prevenzione dell'Inail. Incentiva interventi in un settore statisticamente caratterizzato da elevato rischio di infortunio e contribuisce a migliorare lo stato dei mezzi di lavoro che non garantiscono sicurezze ed efficienza. Anche in questo settore, quindi, le politiche di prevenzione dell'Inail possono produrre sviluppo e crescita".

NEL DETTAGLIO

OGNI AZIENDA PUÒ PRESENTARE UNA SOLA DOMANDA

Come disposto dall'ultima legge di stabilità (208/2015), che ha istituito presso l'Inail un fondo con la dotazione di 45 milioni per quest'anno e 35 milioni all'anno a decorrere dal 2017, le aziende agricole che possono accedere agli incentivi sono le imprese individuali, le società agricole e le società cooperative operanti nel settore della produzione agricola primaria dei prodotti agricoli e in possesso dei requisiti specificati nel bando. Ogni impresa potrà presentare una sola domanda e per uno solo dei due assi di finanziamento previsti.

FINANZIATO L'ACQUISTO O IL NOLEGGIO CON PATTO D'ACQUISTO DI MEZZI AGRICOLI O FORESTALI

Saranno finanziati gli investimenti per l'acquisto o il noleggio con patto di acquisto di trattori agricoli o forestali o di macchine agricole o forestali caratterizzati da soluzioni innovative per l'abbattimento delle emissioni inquinanti, la riduzione del rischio rumore e il miglioramento del rendimento e della sostenibilità globali delle aziende, nel rispetto del regolamento 702/2014 della Commissione europea.

PREVISTE TRE TIPOLOGIE DI PROGETTI

I progetti finanziati dal bando Isi-Agricoltura 2016, in particolare, possono prevedere l'acquisto o il noleggio con patto di acquisto di due beni al massimo, da associare secondo questo schema:
* un trattore agricolo o forestale più una macchina agricola o forestale dotata o meno di motore proprio;
* una macchina agricola o forestale dotata di motore proprio più una macchina agricola o forestale non dotata di motore proprio;
* due macchine agricole o forestali non dotate di motore proprio.

PER INVIARE LA DOMANDA PREVISTA UNA SOGLIA MINIMA DI PUNTEGGIO

La procedura di assegnazione degli incentivi - in coerenza col già noto e bando Isi, giunto alla sua sesta edizione - è del tipo valutativa "a sportello" e terrà conto dell'ordine cronologico di presentazione delle domande. Le imprese agricole dovranno inserire online i dati dell'azienda e le informazioni relative al progetto per cui richiedono il finanziamento, sulla base di una serie di parametri che determineranno il raggiungimento o meno della soglia minima di ammissibilità, pari a 100 punti. Una volta conclusa la fase di compilazione, le aziende che avranno raggiunto o superato questo punteggio potranno inviare la propria domanda attraverso lo sportello informatico. La pubblicazione degli elenchi in ordine cronologico evidenzierà quelle in posizione utile per accedere al contributo, che dovranno presentare alla sede Inail di competenza la documentazione che attesta il possesso dei requisiti previsti dal bando.

IL CONTRIBUTO PUÒ ARRIVARE FINO A 60MILA EURO

In caso di esito positivo della verifica da parte dell'Inail, i termini di realizzazione del progetto finanziato sono diversificati: 180 giorni nel caso di acquisto diretto dei mezzi agricoli o forestali, 365 nel caso di noleggio con patto di acquisto. Il contributo in conto capitale coprirà il 50% delle spese ammissibili sostenute e documentate dalle imprese agricole dei giovani agricoltori e il 40% dei costi sostenuti da tutte le altre aziende. I progetti da finanziare devono essere tali da comportare un contributo compreso tra un minimo di mille euro e un massimo di 60mila. I fondi saranno erogati dopo la conclusione del progetto, ma nel caso di contributi superiori a 30mila euro è possibile richiedere un anticipo pari a metà dell'importo, che sarà concesso previa costituzione di garanzia fideiussoria a favore dell'Inail. L'anticipo, però, non può essere concesso per i progetti che prevedono il noleggio con patto di acquisto.            

L'importo, distribuito in budget regionali e provinciali, è ripartito in due assi di intervento: il primo, da cinque milioni di euro, riservato ai giovani agricoltori, organizzati anche in forma societaria, e il secondo, da 40 milioni, destinato alla generalità delle imprese agricole.

Un drone controllerà i vigneti

Un progetto importante, anzi un piano tecnologico altamente strategico che punta a “proteggere” una delle filiere vitivinicole più prestigiose della Toscana, quella del Morellino di Scansano. Una ricerca portata avanti da Fabio Mencarelli, professore ordinario presso l’Università della Tuscia che già da una decina d’anni, con il suo team, sta lavorando alla riduzione dell’ozono in cantina allo scopo di limitare o eliminare l’uso dei solfiti nel vino. L’obiettivo prevede di mettere al lavoro un drone sentinella al quale verrà affidato il compito che vada proprio in questa direzione,  tenendo d’occhio  questi vigneti allo scopo di ottenere vini più sani, senza solfiti e quindi eliminando, o almeno riducendo, l’impiego di fitofarmaci. Ma come si arriva a mettere in bottiglia un ottimo vino ottimo, sano e, contemporaneamente, a usare metodi di coltivazioni sostenibili per l’ambiente? “Per ridurre l’uso di fitofarmaci abbiamo puntato alla diagnostica precoce delle malattie, afferma il professor Mencarelli, grazie all’impiego della nuova generazione dell’Information Technology. Attraverso pc di dimensioni di una carta di credito, collegati a micro sensori e distribuiti capillarmente nei vigneti, si potranno rilevare per tempo malattie dei vitigni, stress della vite , tempi di maturazione dell’uva…” Questa iniziativa ha visto l’adesione del Consorzio del Morellino di Scansano e di FATTORIA MANTELLASSI, insieme ad altre realtà locali. Un’operazione che prevede un investimento importante volto al raggiungimento di una qualità sempre più alta. La diagnosi precoce delle malattie dei vitigni e, di conseguenza, i tempestivi provvedimenti per eliminarle, permetterà una produzione “pura” per vini rossi, bianchi e passiti. Quello che FATTORIA MANTELLASSI lancia con questa partecipazione è un segnale importante, sia per l’azienda, sia per la Regione. Un segnale volto più che mai a produrre l’alta qualità del Made in Italy.

giovedì 28 luglio 2016

Brexit, cosa sarà dell'agricoltura europea?

Lasciare o restare in Europa? Questo è il dubbio a cui il popolo britannico ha risposto nel referendum del 23 giugno 2016: il 48,1% ha votato 'Remain' e il 51,9% ha votato 'Leave'. Grazie a questa scelta il Regno Unito è fuori dall’Unione Europea. Una decisione deflagrante che avrà un forte impatto nell'economia del Paese e di tutto il mondo.
E adesso cosa succederà? Il Regno Unito dovrebbe uscire dall'Ue entro due anni (ci vogliono i negoziati, non è una cosa immediata). In questo momento dopo le dimissioni di David Cameron il nuovo primo ministro britannico è Theresa May, che avrà il compito di gestire l'uscita della Gran Bretagna dall'Ue. La May ha preannunciato però che non chiederà l'attivazione dell'articolo 50 del Trattato di Lisbona prima di fine anno. Lei vuole colloqui informali con i leader europei prima del prossimo Consiglio Ue del 20 ottobre. David Davis sarà ministro per la Brexit.
Abbiamo chiesto a Mike Knowles, editor di Eurofruit Magazine, di rispondere ad alcune domande per approfondire il tema della Brexit.

Cosa significa la Brexit per l’agricoltura della Gran Bretagna?
"La Brexit diventerà una realtà quando il Regno Unito si appellerà all’articolo 50 e negozierà la sua uscita dall’Ue. L'impatto immediato sul settore agricolo britannico è una forte incertezza: gli agricoltori avranno molte domande senza risposta, fino a che il governo britannico non avrà stabilito una nuova politica agricola per rimpiazzare quella attualmente fissata da Bruxelles, in particolare sull'accesso al mercato globale ed alla fornitura di manodopera. Attualmente ci sono circa 100mila lavoratori stranieri provenienti dall’Ue impiegati nell’industria alimentare britannica, 25mila dei quali hanno un ruolo chiave nel settore ortofrutticolo. Inoltre le organizzazioni di produttori britanniche stanno per perdere circa 40 milioni di euro di fondi europei e se questo investimento non sarà rimpiazzato sono in molti a temere la crescente competizione delle importazioni".
Che impatto avrà la Brexit sull’agricoltura e sul mercato ortofrutticolo europeo?
"Credo che questo dipenda dal tipo di accordi commerciali che il Regno Unito riuscirà ad assicurarsi con le altre nazioni. La Gran Bretagna importa circa il 90% della frutta e il 50% della verdura fresca che consuma. I maggiori fornitori europei sono Spagna, Olanda, Francia, Germania, Irlanda, Belgio e Polonia. Nel 2015 abbiamo importato 5,6 milioni di tonnellate di ortofrutta, per un valore commerciale di 6,8 miliardi di euro. Di questi volumi 2,9 milioni di tonnellate sono arrivati dall’Ue. Certamente questo fabbisogno non cambierà da un giorno all’altro ma le dinamiche di mercato cambieranno - tassi di cambio, termini di scambio, documentazione richiesta, ecc -, creando un panorama diverso per i fornitori europei ed extra-europei.
Soltanto il tempo ci dirà se il Regno Unito diventerà un mercato più o meno attraente. Supponendo che lasci l’Europa, avrà bisogno di nuovi accordi commerciali non solo con i propri partner europei, ma anche con importanti fornitori di ortofrutta fresca d’oltreoceano come Cile, Sud Africa, Turchia, Marocco, Thailandia e Nuova Zelanda. Se non riuscirà a concordare nuovi termini di scambio, la frutta e la verdura importata proveniente da queste nazioni diventerà soggetta alle tariffe stabilite dai regolamenti Wto, rendendo le nostre importazioni più costose e scoraggiando fornitori d’oltreoceano a spedire i propri prodotti verso il Regno Unito.

 Inoltre c’è la complicazione aggiuntiva dei tassi di cambio. Subito dopo il voto britannico, il valore della sterlina è calato in maniera significativa rispetto all’euro, al dollaro statunitense e a diverse altre valute internazionali. Questo rende la vendita di frutta e verdura estera verso il Regno Unito meno profittevole mentre l’esportazione di prodotti agricoli britannici economicamente più vantaggiosa. Vedremo quindi una crescita improvvisa delle esportazioni di ortofrutta dal Regno Unito? Poco probabile, ma potrebbe esserci un incremento nel breve periodo per articoli 'premium'come le varietà di mele club, linee di patate di nicchia e forse anche piccoli frutti. All’estero lo scorso anno abbiamo venduto solo frutta e verdura per un valore di 240 milioni di euro, metà della quale rivolta al mercato irlandese.
In termini di agricoltura europea, al contempo, ci sono molti cambiamenti possibili. Alcune organizzazioni di produttori dell’Europa meridionale - ad esempio Italia, Spagna e Grecia - credono che la Brexit possa rafforzare la propria capacità di negoziazione relativamente alla definizione di una comune politica agricola europea. Ma nel senso contrario una qualunque restrizione imposta sul mercato britannico potrebbe avere un impatto significativamente deleterio sulle prospettive commerciali dei produttori europei che dipendono dal Regno Unito per l’acquisto dei propri prodotti".
 Relativamente all’Italia, come cambierà la situazione?
"Nel breve periodo, come dicevo, i tassi di cambio saranno meno favorevoli per i produttori ed esportatori che vendono in Uk. A più lungo termine uno scenario sconfortante per questi operatori potrebbe essere quello in cui il Regno Unito diventi un mercato di più difficile accesso per i suoi maggiori fornitori come Spagna, Cile e Sud Africa, situazione che comporterebbe unaconcentrazione della pressione su mercati alternativi come Germania e Scandinavia; anche un leggero incremento nelle tariffe o semplicemente documentazione aggiuntiva potrebbe spingere alcuni esportatori spagnoli a rivolgere maggiormente la propria attenzione sull’Europa continentale o far crescere la propria presenza in mercati come il Medio Oriente e l’Asia. Per le aziende italiane che stanno già esplorando queste opportunità emergenti, non dovrebbero esserci problemi; per quante stanno invece vendendo volumi importanti in Uk sarà invece interessante tenere monitorata la situazione".

In qualità di opinion leader nell’ambito del mercato ortofrutticolo europeo, avremmo piacere di chiederti tre idee che possano aiutare l’Italia a dare una nuova forza alla propria agricoltura nazionale.

"A mio avviso, le priorità per i produttori italiani dovrebbero essere:diversificazione dei mercati, crescita del valore dei servizi ed investimenti nelle varietà migliori. Se fai da apripista nei servizi la tua reputazione ti precederà ed importanti mezzi di comunicazione di settore diffonderanno il messaggio. Se hai le varietà migliori, i compratori ti vedranno come un partner importante nel differenziare la loro offerta da quella dei competitor. Infine se dedichi del tempo a costruire contatti in nuovi mercati, le opportunità commerciali che si apriranno all’azienda saranno maggiori".

mercoledì 27 luglio 2016

Consumi: scatta fermo pesca in adriatico, 1 su 3 non lo sa

Più di un Italiano su tre non conosce il fermo pesco che porta al blocco delle attività della flotta da pesca italiana e aumenta il rischio di ritrovarsi nel piatto per grigliate e fritture, soprattutto al ristorante, prodotto straniero o congelato se non si tratta di quello fresco Made in Italy proveniente dalle altre zone dove non è in atto il fermo pesca, dagli allevamenti nazionali o dalla seppur limitata produzione locale dovuta alle barche delle piccola pesca che possono ugualmente operare. È quanto emerge da una indagine Coldiretti/Ixe’ divulgata in occasione dell’avvio del fermo pesca che porta al blocco delle attività della flotta da pesca italiana lungo l’Adriatico da Trieste a Rimini per 43 giorni fino al 5 settembre, interessando le regioni Friuli-Venezia Giulia, Veneto ed Emilia-Romagna. Il 19% degli intervistati - ritiene che diminuisca l’offerta di pesce, il 18% non teme nessuna conseguenza, il 12% è preoccupato per gli eventuali aumenti di prezzo mentre il 9% degli italiani pensa che arriverà più pesce straniero in un Paese come l’Italia che importa durante l’anno più di 2 pesci su 3 consumati. Per effettuare acquisti di qualità al giusto prezzo il consiglio di  Impresapesca è dunque di verificare sul bancone l’etichetta, che per legge deve prevedere l’area di pesca (Gsa). Le provenienze da preferire sono quelle dalle Gsa 9 (Mar Ligure e Tirreno), 10 (Tirreno centro meridionale), 11 (mari di Sardegna), 16 (coste meridionali della Sicilia), 17 (Adriatico settentrionale), 18 (Adriatico meridionale), 19 (Jonio occidentale), oltre che dalle attigue 7 (Golfo del Leon), 8 (Corsica) e 15 (Malta). Ma si può anche rivolgersi alle esperienze di filiera corta per la vendita diretta del pescato che  Impresapesca ha avviato presso la rete di Campagna Amica.  Il blocco delle attività prevede un calendario che scatta il 25 luglio per l’alto Adriatico – spiega Impresapesca - nel tratto da Trieste a Rimini, con il blocco per 43 giorni, delle barche che hanno sistemi a traino, fino al 5 settembre, mentre da Pesaro a Bari l’interruzione temporanea dell’attività di pesca è prevista dal 16 agosto al 26 settembre e da Brindisi a Imperia per 30 giorni consecutivi dal 17 settembre al 16 ottobre. In Sardegna e Sicilia il fermo sarà disposto con provvedimenti regionali e sarà di almeno 30 giorni, nel rispetto dei periodi di cui ai piani di gestione. Resta il fatto che l’attuale format del fermo pesca, inaugurato esattamente 30 anni fa, ha ampiamente dimostrato di essere inadeguato, poiché non tiene conto del fatto che solo alcune specie ittiche si riproducono in questo periodo, mentre per la maggior parte delle altre si verifica in date differenti durante il resto dell’anno. Da qui la proposta di Impresapesca di differenziare il blocco delle attività a seconda delle specie, mentre le imprese ittiche potrebbero scegliere ciascuna quando fermarsi in un periodo compreso tra il 1° luglio e il 30 ottobre.

Riso, il brusone si combatte meglio dallo spazio

Agire in maniera tempestiva nella lotta al brusone è essenziale per tutelare la produzione. In aiuto dei risicoltori arrivano i satelliti
Le provincie di Milano, Pavia, Vercelli e Novara producono il 90% del riso italiano e il 60% di quello europeo. Una risorsa per l'agricoltura nostrana che però deve fare i conti con la minaccia del brusone, il fungo che attacca le coltivazioni risicole e che ogni anno minaccia le produzioni nazionali, essendo in grado di ridurre dal 30 al 70 per cento il volume di riso raccolto.

Oltre alle buone pratiche agronomiche il metodo più efficace per combattere la Pyricularia oryzae sono gli agrofarmaci. Ma intervenire nel momento giusto è essenziale per fermare la diffusione del microrganismo. Se una volta gli agricoltori si affidavano all'esperienza personale, al meteo e a ciò che potevano vedere e toccare in campo, oggi un aiuto arriva dallo spazio.

Il Servizio fitosanitario della Regione Lombardia ha avviato una collaborazione con Ermes, il progetto europeo dedicato alla risicoltura, che ha come obiettivo quello di supportare il lavoro degli agricoltori fornendo informazioni provenienti da sensori in campo e sui satelliti.

Intorno alla Terra ruota una costellazione di satelliti che fotografa costantemente le campagne italiane ed europee. Queste foto vengono elaborate, integrate con dati provenienti dalle centraline meteorologiche e grazie a complessi modelli di calcolo prevedono i momenti in cui il brusone si diffonde, mettendo l'agricoltore nelle condizioni di trattare le colture tempestivamente con gli agrofarmaci.

“I satelliti servono per identificare le zone coltivate a riso”, spiega  Roberto Confalonieri, professore dell'Università Statale di Milano e responsabile per la parte di elaborazione dei modelli di analisi. “Nelle zone risicole usiamo i dati meteorologici, come temperatura, umidità relativa, bagnatura fogliare e altri per simulare il rischio di infezione da parte del brusone. I dati sono relativi a celle di due chilometri per due".

Qual è la precisione con cui potete prevedere il diffondersi del brusone?
“E' molto difficile dare una risposta a questa domanda, noi definiamo un rischio, cioè la probabilità che il brusone, viste le condizioni ambientali favorevoli, si diffonda. Ma i riscontri che ci arrivano dai tecnici sul campo tuttavia confermano che le nostre previsioni sono attendibili”.

Che tipo di alert inviate?
“Come Ermes non inviamo nessun alert, ma ogni agricoltore può iscriverti sul sito e andare a vedere il livello di rischio della sua zona. Regione Lombardia invece diffonde un bollettino basandosi sui dati che forniamo loro. Cattolica Assicurazione invece fornisce un servizio di alert via sms ai propri clienti”.

Se un risicoltore volesse ricevere gli alert come deve fare?

“Per tutti gli agricoltori c'è il nostro sito internet. E se l'azienda è in Lombardia può rivolgersi al Servizio fitosanitario della regione”.

Credito, terra, conoscenza: l'Ue punta sui giovani

Phil Hogan all'assemblea annuale del Ceja, il Consiglio europeo dei giovani agricoltori, affronta la questione del ricambio generazionale e del futuro dell'agricoltura europea
Largo ai giovani. È il messaggio che Alan Jagoe, presidente del Ceja, il Consiglio europeo dei giovani agricoltori, lancia ai ministri dell’Agricoltura dell’Unione europea e alla Commissione guidata dal suo connazionale, Phil Hogan.
“I giovani agricoltori sono i più vulnerabili agli shock dei prezzi – ha detto Jagoe – e sono quelli che hanno purtroppo più probabilità di perdere le loro aziende agricole. La crisi non riguarda solamente il settore lattiero caseario, ma anche molti altri comparti e i giovani, più degli altri, hanno bisogno di misure di sostegno aggiuntive”.

È costantemente all’ordine del giorno la questione del ricambio generazionale. “I giovani agricoltori hanno bisogno di ulteriore aiuto per entrare nel settore e rimanere a galla, se vogliamo garantire un futuro all’agricoltura europea – ha precisato Jagoe -. Questo non è mai stato più vero di oggi: siamo in un periodo di notevole, e potenzialmente irreversibile crisi”.

Parole che non tardano ad avere una risposta, proprio nel corso dell’assemblea annuale del Ceja, al quale ha partecipato anche il commissario europeo all’Agricoltura, Phil Hogan. Pochi cenni al problema del ricambio generazionale, “un tema di cui si discute da anni”, perché l’esordio è dedicato alla Brexit.
“Durante la campagna referendaria ho visitato Irlanda del Nord, Galles, Inghilterra e Scozia, tutti e quattro gli angoli del Regno Unito – ha ricordato Hogan -. Ho descritto i benefici della Pac per gli agricoltori, per il comparto agroalimentare in senso più ampio, ma anche per le comunità rurali e per la società, e mi ha colpito il fatto che alcuni agricoltori più giovani desiderassero lasciare l’Unione europea, convinti così di poter migliorare le loro condizioni e di creare maggiore occupazione. Questo mi ha deluso, ma allo stesso tempo mi ha fatto riflettere sul fatto che la Pac deve rispondere alle esigenze non solo dell’attuale generazione, ma anche della prossima”.

La sfida è tutta una questione di accesso, secondo il commissario: accesso ai finanziamenti, alla terra e alla conoscenza.
“Relativamente all’accesso ai finanziamenti, stiamo esaminando diverse soluzioni come Commissione e ci sono iniziative di grande interesse anche a livello nazionale – ha precisato Hogan -. Ne abbiamo bisogno urgentemente. Gli istituti di credito tradizionali come le banche hanno fatto un pessimo lavoro, fondamentalmente non riuscendo a comprendere la natura del settore. L’agricoltura è dinamica ed esposta a fattori esterni come il tempo, le malattie e i mercati globali. Inoltre, le banche non sono riuscite a capire l’enorme potenziale di crescita e la redditività del settore”.

In Irlanda è stato lanciato l’innovativo Fondo Milk Flex. “Uno strumento che non ha eguali in Europa – ha puntualizzato Hogan – e che, come strumento di prestito, offrirà prestiti flessibili a prezzi competitivi ai fornitori di latte della cooperativa Glanbia; i rimborsi di prestiti varieranno in base alle oscillazioni del prezzo del latte”.
Si tratta, in particolare, del primo fondo europeo ad offrire agli agricoltori l’accesso al tipo di finanziamento di cui hanno bisogno: la finanza gestita attraverso strutture di prestito non tradizionali, che allo stesso tempo protegge i redditi agricoli dall’impatto della volatilità del mercato lattiero caseario.


Sempre con riferimento all’accesso al credito, Hogan raccomanda ai giovani agricoltori di contattare i referenti nazionali della Bei, la Banca europea per gli investimenti e fare pressioni affinché attivino gli strumenti già definiti per favorire il ricambio generazionale. In Francia, ad esempio, la Bei ha già iniziato a collaborare con gli istituti di credito, “tra cui Crédit Agricole, che ha messo a disposizione 200 milioni di euro per finanziare la successione nel settore agricolo”.

martedì 26 luglio 2016

Biomasse, pubblicato il decreto per la combustione di grassi animali

Assitol: "Finalmente chiarezza sull'impiego energetico dei grassi animali"
E' stato pubblicato nei giorni scorsi in Gazzetta ufficiale il decreto 123 del 2016 che autorizza l’utilizzo di alcuni sottoprodotti di origine animale per la combustione. Le aziende specializzate nella raccolta e nella trasformazione dei grassi animali potranno così contare su regole chiare e definite.

"Un quadro normativo certo - commenta di Assitol, l’associazione italiana dell’industria olearia - che consentirà agli imprenditori di sviluppare le potenzialità energetiche dei grassi animali".

Il provvedimento, firmato dal ministero dell’Ambiente di concerto con il ministero della Salute e il ministero dello Sviluppo economico, include tra lebiomasse ammesse all’uso energetico anche i gliceridi di origine animale, ovvero i sottoprodotti (Soa) e i prodotti derivati.

In questo modo, si legge nella nota di Assitol, si sana finalmente un’incongruenza tra regole italiane ed europee. Queste ultime autorizzano da tempo la combustione di grassi animali, mentre in Italia tale processo è stato spesso considerato dalle autorità locali un'operazione di incenerimento di rifiuti, rendendo di fatto una corsa ad ostacoli l’iter autorizzativo.

“Per noi, questo rappresenta il coronamento di un lungo lavoro associativo –sottolinea Andrea Carrassi, direttore di Assitol –. Ci auguriamo che l’attenzione dimostrata dal ministero dell’Ambiente sia il prologo di ulteriori aggiornamenti nell’elenco delle biomasse per usi energetici, contenuto nell’Allegato X del Testo unico dell’Ambiente”.

Per le aziende specializzate nel “rendering” vale a dire la raccolta e la lavorazione dei sottoprodotti di origine animale, questo è un risultato atteso da tempo. In particolare, Assograssi, socio aggregato di Assitol che raggruppa la maggior parte delle imprese del comparto, esprime profonda soddisfazione per il risultato raggiunto. “Finalmente gli operatori potranno lavorare contando sull’utilizzo energetico dei grassi – afferma Alberto Grosso, presidente di Assograssi – con l’obiettivo di implementare gli impianti di cogenerazione e di rafforzare la vocazione energetica del settore”.


Le imprese del settore operano in sinergia con la filiera zootecnica e dellamacellazione: aziende di preparazione di prodotti alimentari, macelli, macellerie, supermercati, allevamenti. Da qui selezionano la materia prima, valorizzandola per produrre mangimi per animali domestici, detergenti, combustibili, fertilizzanti. Il ruolo del comparto è quindi fondamentale all’interno della filiera delle carni, a garanzia della salute pubblica e della sicurezza alimentare.

Pomodoro da industria: 4600 ettari in meno, soprattutto al Sud

E' quanto emerge dalle stime del Polo distrettuale del Centro Sud e dall'Organismo interprofessionale del pomodoro del Nord, che ipotizzano un calo produttivo del 6%
Si produrrà meno pomodoro da industria in Italia nella campagna 2016 (-6%) per via di minori investimenti per 4600 ettari rispetto al 2015, concentrati soprattutto al Centro Sud, e rese che saranno inferiori, per via di problemi fitosanitari che hanno colpito in tutti i principali areali produttivi.

I dati sono quelli del Polo distrettuale del pomodoro da industria del Centro Sud Italia e dell’Organismo interprofessionale del pomodoro da industria Nord Italia, che nei giorni scorsi hanno completato la stima delle superfici coltivate a pomodoro da industria per la campagna 2016.

Dallo scambio di informazioni tra i due organismi, previsto dal protocollo di intesa firmato ad Expo alla presenza del ministro delle Politiche agricole, Maurizio Martina, è emerso che, nel 2016, in Italia le superfici coltivate a pomodoro da industria sono pari a 68.640 ettari, con una riduzione di oltre il 6% rispetto al 2015, quando furono messi a coltura 73.240 ettari.

Il calo dell’investimento – pari a circa 4600 ettari - si registra prevalentemente nel bacino del Centro-Sud Italia – con particolare riguardo agli areali foggiano e casertano - che vede una riduzione degli ettari investiti, rispetto al 2015, del 13,70%.

“La riduzione degli ettari messi a coltura rispetto alla campagna precedente, in particolare nel bacino del Centro Sud, è abbastanza in linea con quanto programmato dalle parti in sede di accordo di campagna, tenendo conto anche delle difficoltà climatiche e fitosanitarie avute ed evidenziate dal mondo agricolo. Il nostro ufficio studi sta comunque attentamente monitorando i reali effetti che si avranno sulle rese produttive”. È quanto dichiara il direttore generale dell’Associazione nazionale industriali conserve alimentari vegetali, Giovanni De Angelis in riferimento alle stime delle superfici coltivate a pomodoro da industria diffuse dal Polo Distrettuale del pomodoro da industria del Centro Sud Italia e dall'Organismo interprofessionale del pomodoro da industria Nord Italia.

Le superfici, invece, si mantengono più stabili nel bacino del Nord, dove si è avuta una crescita degli ettari di pomodoro biologico, che hanno raggiunto quasi il 5% del totale. Tali coltivazioni, come noto, coprono aree di mercato diverse da quelle storicamente presidiate dalle produzioni tradizionali.

Anche nell’area Centro Sud, si registra, nel 2016, un'altrettanto significativa ed importante produzione di pomodoro biologico che ha interessato più del 6% degli ettari totali.


Le avversità climatiche e le importanti problematiche fitosanitarie che, in modi e in tempi diversi, sembrano avere interessato tutti i principali areali produttivi, fanno ipotizzare, come evidenziato dai rappresentanti del mondo agricolo, una riduzione delle produzioni superiore al 6%, anche in conseguenza ad un calo delle rese produttive.

lunedì 25 luglio 2016

Uva da tavola, riaperto il mercato canadese

Dopo cinque anni di stop, l'uva da tavola made in Italy può tornare a essere esportata sul fiorente mercato nordamericano

Si è conclusa positivamente la trattativa Italia-Canada per riavviare le esportazioni di uva da tavola italiana in Canada, bloccate dal 2010. Lo rende noto il ministero delle Politiche agricole, che spiega come “l’accordo faccia seguito al risultato positivo delle valutazioni condotte dagli esperti fitosanitari inviati dal Governo canadese a ottobre 2015 presso le aree produttive di uva da tavola dalle regioni Basilicata, Puglia e Sicilia". A breve dunque i primi produttori interessati a esportare il proprio prodotto in Canada potranno avviare le operazioni necessarie. “Si tratta di un risultato importante per tutto il settore dell’uva da tavola italiana – sottolinea il comunicato del Mipaaf – frutto del lavoro del ministero, in stretta sinergia con le associazioni dei produttori e le istituzioni regionali interessate”.

Dl Enti locali, approvate misure per zootecnia e cereali

La Camera ha approvato il testo con alcune iniziative in sostegno al settore del latte e alla suinicoltura, oltre che lanciare un piano per contrastare la crisi dei prezzi del grano duro. Ora si attende l'ok definitivo del Senato.
La Camera ha approvato il decreto Enti locali, che contiene importanti interventi per il settore agricolo, dalla programmazione di offerta del latte al rifinanziamento fondo indigenti per il latte crudo, passando per il piano cerealicolo nazionale, la moratoria per i debiti dei suinicoltori e la riduzione dei prelievi delle quote latte per la campagna 2014/2015. Ora si aspetta il sì del Senato per il via libera definitivo.

“Mettiamo un altro tassello nella nostra strategia di intervento contro la crisi del settore del latte e del grano – ha commentato il ministro Martina – grazie a questo decreto diamo ulteriori risposte operative agli allevatori per superare una fase complicata di mercato. In particolare ampliamo e semplifichiamo il Fondo latte coprendo direttamente le spese per le rate dei mutui sostenute negli ultimi due anni. Allo stesso tempo abbiamo il piano cerealicolo con una prima dotazione di 10 milioni, da rafforzare in seguito con le risorse regionali del Psr”.

Programmazione volontaria offerta latte
Viene attivata una programmazione produttiva volontaria dell’offerta per il settore lattiero, con un finanziamento di 10 milioni di euro in base alla normativa europea.

Rifinanziamento fondo indigenti per l’acquisto di latte crudo
Viene riconfermato lo stanziamento di 10 milioni di euro per il fondo nazionale indigenti per l’acquisto di latte crudo da trasformare in Uht e distribuire agli indigenti attraverso la rete degli enti caritativi, evitando così sprechi alimentari legati alla crisi del comparto.

Supermoratoria debiti allevatori anche per suinicoltura
Si interviene ancora a sostegno degli allevatori con una supermoratoria dei debiti, che coinvolge anche il settore suinicolo. L’intervento è realizzato attraverso l’allargamento delle finalità del fondo latte e prevede dal 2017 la concessione di un contributo destinato alla copertura dei costi sostenuti dagli allevatori per interessi sui mutui bancari negli 2015 e 2016.

Riduzione prelievi quote latte campagna 2014/2015
Il Dl Enti locali introduce la riduzione dei prelievi previsti per lo sforamento delle quote latte dell’ultima campagna, quella 2014/2015. Viene così modificata la legge Zaia del 2009 con una correzione dei criteri, in modo che gli allevatori paghino le multe in misura pari a quella dovuta all’Unione europea, riducendo quindi da circa 100 a 32 milioni il prelievo dovuto. Questo intervento si aggiunge all’ampliamento della compensazione stabilito a luglio 2015, con 1260 produttori e 20 milioni di euro di prelievo.

Piano cerealicolo nazionale

L’avvio del progetto è finanziato con 10 milioni di euro, a sostegno delle produzioni di grano italiano e per la valorizzazione della qualità. Tra gli interventi sono previsti investimenti per infrastrutture di stoccaggio dedicate, ricerca e innovazione, a supporto del frumento duro.

Consultazione pubblica linee guida per Agricoltura di Precisione

Aumentare la sostenibilità del modello agricolo italiano attraverso l'innovazione. È una delle sfide più importanti dei prossimi 5 anni, per consentire all'Italia di avere produzioni agricole di qualità e mantenere il primato di biodiversità che ci contraddistingue.

In questo contesto l'agricoltura di precisione svolge un ruolo di primo piano per ottimizzare i rendimenti produttivi e abbattere l'impatto ambientale. Si tratta di un settore che ha un potenziale di crescita molto importante, soprattutto nel nostro Paese. Nell'ultimo anno, partendo dall'esperienza e dai confronti di Expo Milano 2015, abbiamo analizzato la diffusione delle tecnologie di precisione nel nostro Paese.

Ad oggi circa l'1% della superficie agricola coltivata in Italia vede l'impiego di mezzi e tecnologie di agricoltura di precisione. Il nostro obiettivo è arrivare al 10% entro il 2021, con lo sviluppo di applicazioni sempre più adatte alle produzioni agricole nazionali. Per farlo è necessario costruire un piano di azioni coordinato di cui queste "Linee guida" sono la premessa fondamentale.

In questo lavoro, infatti, vengono individuate le tecnologie disponibili e il loro migliore utilizzo in base alle nostre colture prevalenti, proprio per dare agli agricoltori un indirizzo su quali applicazioni, già disponibili, sono le più efficaci a rispondere alle necessità produttive.
Non solo, si tracciano anche gli strumenti nazionali e regionali per il finanziamento di queste pratiche innovative. In particolare l'inserimento dell'Agricoltura di precisione nel disciplinare nazionale della Produzione integrata e un quadro chiaro dei Programmi di sviluppo rurale regionali interessati.


Un documento al quale si può contribuire concretamente attraverso una consultazione pubblica di 60 giorni, al termine dei quali le "Linee guida" saranno rese definitive e dalle quali partirà il piano di lavoro per rendere l'Italia leader dell'agricoltura di precisione in Europa.

venerdì 22 luglio 2016

Agrintesa-Cab, accordo per la gestione della vendemmia

Firmata una partnership triennale con cui la cantina di Brisighella si associa alla Cooperativa Agrintesa per la gestione comune della produzione vitivinicola
Accordo fra la cooperativa Agrintesa di Faenza e il Cab di Brisighella per la gestione comune del settore vitivinicolo, che sarà operativo dal 2016 e durerà 3 anni. “Questa intesa potrà favorire il raggiungimento dei nostri obiettivi aziendali - ha dichiarato Sergio Spada presidente di Cab -, in un contesto di reciproca e proficua collaborazione, consentendo da un lato disostenere le liquidazioni ai soci e dall’altro di garantire nuove prospettive di valorizzazione della viticoltura di collina”.

“Con questo accordo – gli fa eco il presidente di Agrintesa Raffaele Drei – la Cab si associa alla nostra cooperativa, a cui trasferisce tutta la produzione viticola, conferita dai propri soci per le successive fasi di lavorazione ecommercializzazione. Agrintesa, dal canto suo, potrà utilizzare l’impianto di Brisighella, così da ottimizzare la rete di tutti i suoi siti produttivi”.

“In questo modo – continua Drei – sarà possibile realizzare importantisinergie tra le due aziende, che operano nello stesso territorio, condividono parte della base sociale e presentano molti elementi simili, ma anche alcune differenze strutturali e operative, che l’accordo si propone di superare. In questi tre anni siamo chiamati quindi a un rilevante impegno di interazionein campo tecnico e commerciale, che deve produrre risultati tangibili per le due cooperative romagnole, tenendo presente che l’obiettivo strategico è la crescente valorizzazione del prodotto di collina, in particolare i vitigni Doc”.


Soddisfazione espressa anche da Cristian Moretti, direttore generale di Agrintesa. “La finalità prioritaria di questo progetto è aggregare il prodotto di Agrintesa e Cab – conclude Moretti – e offrirlo in maniera congiunta sul mercato per incrementarne il valore. Inoltre, attraverso la gestione unica delle diverse fasi di cantina, miriamo a ottimizzare ulteriormente i processi e i costi”.

Immatricolazioni trattori, primo semestre in rosso

I dati Unacoma indicano che nella prima metà dell’anno le vendite di trattori sono calate del 4,4% rispetto allo stesso periodo 2015, – 4,1% le mietitrebbiatrici. In modesta crescita le trattrici con pianale di carico (motoagricole) e rimorchi

L’articolo Immatricolazioni trattori, primo semestre in rosso è un contenuto originale di Terra e Vita.

Il mercato nazionale dei trattori e delle mietitrebbiatrici accusa, al “giro di boa” dei primi sei mesi, per trattori e mietitrebbie un passivo rispettivamente del 4,4% e del 4,1% rispetto allo stesso periodo 2015. Le immatricolazioni di trattori – secondo i dati elaborati da FederUnacoma sulla base delle registrazioni fornite dal Ministero dei Trasporti – si fermano a 9.096 unità complessive, evidenziando cali più consistenti rispetto alla media nazionale in Regioni importanti quali la Campania (-24,1%), il Lazio (-16,8%), il Veneto (-9,8%), il Piemonte (-9,6%).


Molto ridotto, in termini assoluti, il mercato delle mietitrebbiatrici, che conta appena 163 unità vendute rispetto alle 170 del primo semestre 2015. In attivo risulta, invece, il mercato delle trattrici con pianale di carico (motoagricole), che chiude il semestre con una crescita del 15,8% a fronte di 395 unità complessivamente vendute, e quello dei rimorchi, che segna un incremento del 3,6% in ragione di 4.594 unità immatricolate. Numeri comunque bassi in termini di unità, che non compensano i forti cali che il settore della meccanica agricola ha subito nel nostro Paese con una riduzione costante delle vendite a partire dal 2005.

giovedì 21 luglio 2016

FOGLIE TV - Sumitomo presenta "Excelero", fitoregolatore per la colorazi...



Sumitomo Chemical Italia ha presentato, presso "Il Melograno" a Monopoli (Ba),  "Excelero" il fitoregolatore di crescita  a base di acido abscissico (S-ABA) per la colorazione dell'uva da tavola. "Excelero" integra i livelli naturali di S-ABA nella bacca favorendo una colorazione più rapida e uniforme, permettendo così di sincronizzare la raccolta e di massimizzare la resa per il raggiungimento degli standard qualitativi richiesti dal mercato.

Crisi grano: 10 milioni al fondo cerealicolo e prezzi piu' trasparenti con grano duro. Martina: la priorità è salvaguardare gli agricoltori e valorizzare il grano 100% italiano

Il Ministero delle politiche agricole alimentari e forestali rende noto che si è svolta oggi a Roma la riunione del tavolo nazionale della filiera cerealicola. L'incontro, presieduto dal Ministro Maurizio Martina, ha visto la partecipazione dei rappresentanti delle Regioni, delle organizzazioni agricole e della cooperazione, delle imprese di trasformazione, di commercializzazione e dell'industria mangimistica.
Durante il confronto si sono analizzati gli andamenti di mercato dei cereali, con un particolare focus sul crollo del prezzo del grano rilevato nelle ultime settimane. Per far fronte a questa situazione il Ministro ha illustrato alcune proposte operative per un intervento complessivo sul settore.


In particolare sono state 6 le azioni del Ministero presentate alla filiera:

 - fondo da 10 milioni di euro inserito nel decreto legge enti locali. Si tratta di un primo stanziamento per dare avvio a un organico piano nazionale cerealicolo e sostenere investimenti anche infrastrutturali per valorizzare il grano di qualità 100% italiano;
- creazione di una Cun (Commissione unica nazionale) per il grano duro. L'obiettivo è favorire il dialogo Interprofessionale e rendere più trasparente la formazione del prezzo;
- conferma degli aiuti accoppiati europei Pac per il frumento che equivalgono a circa 70 milioni di euro all'anno fino al 2020 per quasi 500 milioni investiti nei 7 anni di programmazione;
- rafforzamento dei contratti di filiera, per proseguire negli investimenti che hanno visto 50 milioni di euro impiegati dalla filiera cerealicola. I nuovi bandi in autunno prevedono un budget totale di 400 milioni di euro (metà in conto capitale e metà in conto interessi) ai quali potranno attingere anche i progetti legati al grano;
- marchio unico volontario per grano e prodotti trasformati per dare maggiore valore al grano di qualità certificata, che rispetti il disciplinare del sistema di qualità della Produzione integrata e risponda a determinati requisiti organolettici;
- sperimentazione dalla prossima campagna di un nuovo strumento assicurativo per garantire i ricavi dei produttori proteggendoli dalle eccessive fluttuazioni di mercato. Un modello innovativo che è allo studio e che verrà presentato alla Commissione Ue per il via libera.


"Mettiamo in campo proposte concrete e attuabili già dalle prossime
giornate - ha dichiarato il Ministro Martina - ma con una chiara visione
strategica per dare risposte strutturali. C'è bisogno di un piano nazionale
cerealicolo che punti alla qualificazione della nostra produzione e consenta ai
trasformatori di acquistare sempre più prodotto 100% italiano. In questo senso
investiamo 10 milioni di euro per sostenere investimenti infrastrutturali nei
sistemi di stoccaggio per valorizzare grano di qualità certificata, favoriamo
nuovi contratti di filiera e istituiremo un marchio unico per grano e prodotti
trasformati.
"Allo stesso tempo - prosegue Martina - vogliamo dare una risposta alla necessità di
maggiore trasparenza nella formazione del prezzo. Per questo abbiamo proposto
al tavolo l'istituzione di una Cun grano duro, che favorisca anche lo sviluppo
di migliori rapporti interprofessionali. A questo si aggiunge la decisione di
confermare il budget dedicato al frumento negli aiuti accoppiati e la
sperimentazione di uno strumento assicurativo sui ricavi che garantisca ai
produttori di non essere eccessivamente danneggiati da fasi di mercato come
quella che stiamo vivendo.
 "Al tavolo di oggi - conclude il ministro - abbiamo voluto ribadire a tutta la
filiera la necessità di intervenire per salvaguardare il reddito degli
agricoltori in questa fase di crollo dei prezzi. Da settimane le quotazioni
sono troppo distanti dalla copertura dei costi di produzione, mettendo a
rischio la stessa sopravvivenza di molte aziende impegnate in una delle
produzioni più distintive per il nostro modello agricolo. Serve un salto di
qualità da parte di tutti e lo spirito di collaborazione della riunione di oggi

può essere una buona base di partenza".

Pacchetto latte 2, consigli non richiesti

Sono 500 i milioni di euro previsti dal secondo pacchetto di misure a tutela del settore lattiero caseario presentato dall'Unione europea
Consigli non richiesti del Pacchetto latte 2. Sebbene i mercati europei, per l'andamento stagionale, possano fiduciosamente dirsi proiettati verso una timida ripresa, la crisi del comparto lattiero caseario impone di non abbassare la guardia.
Lo sa bene l'Unione europea, che finalmente si è decisa a presentare un secondo pacchetto di misure a tutela del settore: 500 milioni di euro, che se si vanno a sommare alla stessa cifra messa in moto all'inizio di settembre 2015, è un bel gruzzolo, almeno in linea teorica.

Peccato che, a nostro sommesso avviso, il provvedimento licenziato da Bruxelles non possa brillare per tempestività. Sono oltre due anni che l'asticella dei prezzi è rivolta verso il basso, con picchiate che ricordano i voli suicidi dei kamikaze giapponesi durante la Seconda guerra mondiale.

Basteranno altri 500 milioni di euro? E' legittimo dubitare, se non altro per il fatto che la prima tranche, arrivata quasi fosse un'elemosina europea, dopo numerosi appelli e con il commissario Hogan a negare che il comparto fosse in grave difficoltà, non ha affatto ottenuto i risultati sperati.
Forse potrebbe avere ragione Ettore Prandini, plenipotenziario della zootecnia di Coldiretti, a dire che l'Unione europea nulla ha imparato dalla batosta della Brexit.
La gestione dell'Ue-28 (guai ad affermare che il Regno Unito è già fuori, e lo dimostrano i 30 milioni che porta a casa con le misure approvate due giorni fa) è ancora eccessivamente sbilanciata al Centro-Nord. Il baricentro è là e ad avvantaggiarsi, almeno sulla carta, ancora una volta è la Germania.

Lo dicono i numeri. La fonte è Clal e i dati si riferiscono al 2013; un aggiornamento imporrebbe di ridurre di circa il 6-10% le cifre.
L'Italia porta a casa da questa serie di misure 20,9 milioni di euro, da suddividere fra 39.600 allevamenti; la Francia 49,9 milioni, da distribuire fra 92.540 stalle.
La Germania è quella che, a prima vista, ne esce meglio: 57,9 milioni di euro, da spartire fra 78.820 allevamenti.
Certo, poi con questa nazionalizzazione, che a nostro parere toglie uniformità al provvedimento, almeno nelle sue linee guida, non certo nella sacrosanta decisione di sostenere i propri allevatori nel modo migliori, ognuno farà come gli va, per parafrasare Lucio Dalla.

Ma il primo impatto sembra confermare che Berlino porta a casa una vittoria. Inoltre, i costi di produzione italiani sono di certo superiori a quelli francesi o tedeschi.
Se l'Italia ha combinato poco o nulla con una prima tranche di 25 milioni di euro, scegliendo di distribuire 1 centesimo 1 per litro di latte, e con tempi di liquidazione dilatati quanto basta per esasperare le sofferenze degli allevatori, con questa seconda ripartizione si dovranno davvero fare le nozze coi fichi secchi.

Sarà prioritario individuare linee programmatiche nette, onde evitare di perdersi in mille rivoli, che di fatto si rivelano inutili. Il ministro delle Politiche agricole, Maurizio Martina, ha annunciato che l'orientamento sarà rivolto a sostenere regimi di qualità, incentivare gli allevamenti al pascolo, introdurre misure di supporto al credito o favorire aggregazione e cooperazione tra allevatori, oltre alla distribuzione degli alimenti agli indigenti.
In linea teorica è tutto condivisibile, ma i timori, legittimi, che ci sorgono è che per fare tutto questo servano ben più di 21 milioni di euro. Bisognerà necessariamente scegliere.

Preso atto che finora di Ocm latte si è solo parlato, senza prenderla nella benché minima considerazione, è auspicabile che l'Italia per una buona volta si faccia parte diligente fra Commissione, Consiglio e Parlamento europeo per verificare la disponibilità ad attuare provvedimenti idonei a supportare nuovi canali commerciali.

Non credo vi saranno titubanze a sostenere una politica di aiuto all'export da parte di stati come l'Olanda, la Germania o l'Irlanda, quest'ultima alle prese più di altri con le ripercussioni del post referendum britannico, che ha svalutato la sterlina e ridotto i margini di guadagno per Dublino. Ma un conto è che l'iniziativa parta dall'Italia, un'altra è aderire ai piani altrui.
Il rischio che si correrebbe è quello di dover votare e poi spacciare come una vittoria una Ocm latte mirata a sostenere l'export di polveri, appannaggio del Centro-Nord Europa, e non magari un piano in grado di premiare i prodotti caseari, con magari attenzione adeguata alle Dop.
Anche perché prima o poi dovremo fare i conti con un rinvio sine die del Ttipe, dunque, con nessuna tutela delle denominazioni d'origine negli Stati Uniti.

A proposito di Usa, guardiamo sempre all'America con ammirazione, ma perché non copiare e adattare alle esigenze comunitarie i piani di promozione di prodotti lattiero caseari (in questo caso allora sì comprendendo anche le polveri) verso i Paesi in via di sviluppo? Potrebbe essere una valvola di sfogo in grado di decomprimere le pressioni di mercato.

Il tema delle polveri è delicato e potrebbe in futuro portare ad un accumulo di problemi. L'India, primo Paese produttore di latte al mondo, sta accelerando la produzione interna e non è escluso che fra qualche tempo si ritrovi a dover collocare sul mercato i propri stock.
Non è necessario che si tratti di quantità ingenti. Basterebbe che il continente indiano, storicamente indipendente rispetto ai flussi internazionali di prodotti lattiero caseari, si affacciasse fra i player a spostare l'ago della bilancia.

Il Mipaaf non perda l'occasione per valorizzare le produzioni di montagna e difenderle dallo spettro della chiusura. Produrre in montagna è più difficile, dispendioso e faticoso rispetto alle grandi stalle della Pianura padana.
Difendere gli allevamenti d'altura significa anche garantire un futuro alle grandi Dop nazionali.
Se prendiamo le tre produzioni Dop più significative a livello nazionale, scopriamo (ancora una volta è Clal a fornire il dato) che il 23%, il 36% e il 20% degli allevamenti rispettivamente di Grana Padano, Parmigiano Reggiano e Asiago si colloca geograficamente in montagna.

Un appunto, perché forse si è persa un'occasione di chiedere una riduzione volontaria marcata fra i Paesi che producono oltre il loro fabbisogno interno. Avrebbero dovuto essere loro i primi a recedere dalle produzioni, non certo il Sud Europa, che si ritrova a importare dal Centro-Nord fiumi di latte.


In tutto ciò, l'Ue dimentica la suinicoltura. Ma non è la prima volta e non capiamo perché i maiali, che per un padano come il sottoscritto sono parte integrante della propria cultura e della dieta alimentare, stiano così antipatici agli euroburocrati.

Ismea, continua la discesa dei prezzi agricoli

Non si ferma la corsa al ribasso delle quotazioni delle principali derrate agricole. Male i cereali e i prodotti zootecnici, volatilità sui mercati ortofrutticoli. Tengono tabacco e soia
Ulteriori ribassi nei prezzi in campagna, dopo un timido segnale di ripresa evidenziato a maggio. Lo rende noto l’Ismea, sulla base dell’indice dei prezzi agricoli, che si è attestato a 105,8 punti, registrando una flessione del 2,1% su base mensile e del 3,7% sul giugno di un anno fa. E’ ancora più marcata invece la tendenza deflativa che emerge dall’analisi dell’indicatore “core”, elaborato dall’Ismea escludendo le componenti più stagionali e quindi suscettibili di forti oscillazioni dei prezzi come gli ortaggi e la frutta fresca.

Questo indicatore, che coglie la dinamica di fondo dei prezzi agricoli, mostra una sostanziale stabilità congiunturale (+0,9% rispetto a maggio), a fronte di una significativa riduzione su base annua (-6%) di riflesso al deprezzamento di frumento, olio d’oliva, latte e avicoli. Con giugno, la variazione acquisita dei prezzi agricoli per l’intero 2016 scende ancora in territorio negativo, passando dal -7,3% registrato nel mese di maggio al -8,5% in confronto con il dato medio 2015.

Andando più nel dettaglio, il comparto vegetale evidenzia nel complesso una congiuntura negativa (-6% a maggio), associata a una tendenza deflativa (-2,7% rispetto a giugno 2015). Secondo l’Ismea, il calo annuo riflette le riduzioni dei cereali (-4%), degli oli e grassi vegetali (-29,6%). Crescono invece i listini di soia e altre oleaginose (+9,2%) su base annua. In aumento anche i prezzi delle colture industraili, trainate dal tabacco (+11%). L’analisi congiunturale indica prezzi sostanzialmente stabili nel segmento dei vini, oli, colture industriali e i cereali.

Variazioni negative si evidenziano invece, per i prodotti frutticoli e orticoli, mentre i semi oleosi spuntano un più 4,3% su maggio. Nel comparto zootecnico la tendenza è deflativa (-4,6%) nonostante il dato congiunturale positivo (+1,4%). Il dato tendenziale riflette il deprezzamento di tutti i prodotti e in particolare di latte e derivati (-7,2%), dovuto al calo dei prezzi delburro e dei formaggi, oltre che delle uova. Per quanto riguarda i prezzi al consumo, i dati diffusi dall’Istat indicano una tendenza generale ancora deflativa, mentre risultano in lieve rialzo i prezzi dei beni alimentari.


Secondo l’indice Foodxt, i segnali sono positivi con un +0,2% su base annua: in particolare è in ripresa la componente relativa ai beni alimentari non lavorati, il cui indice segna un avanzamento dello 0,4% rispetto a maggio e dello 0,7% su base annua.

martedì 19 luglio 2016

FOGLIE TV - "Coltiviamo l'arte" la valorizzazione del patrimonio storico...



Candidare gli agricoltori quali "custodi attivi" del patrimonio storico-architettonico dal valore inestimabile cominciando dalla tutela dei beni culturali e paesaggistici già presenti all'interno delle imprese agricole, l'obiettivo della Confederazione Italiana Agricoltori e Turismo Verde, che hanno rilanciato la proposta nel corso di una tavola rotonda organizzata venerdì 15 luglio  a Castellaneta, nell'azienda agricola "Le Grotte di Sileno", in località Le Grotte, dove sono stati rinvenuti  resti di abitazioni arcaiche.
"Coltiviamo l'arte", il nome dell’iniziativa a cui hanno preso parte tra gli altri il Direttore CIA Puglia Danilo Lolatte e l’Assessore alle Politiche Agricole e Forestali della Regione Basilicata, Luca Braia. Un momento di confronto tra esperti del settore sul ruolo sempre più importante dell'agricoltura nella tutela e gestione dei beni archeologici, artistici e paesaggistici nel territorio italiano, come sottolineato dal Vicepresidente nazionale CIA, Alessandro Mastrocinque. 
La difesa del paesaggio, dell'ambiente e del patrimonio storico-culturale rappresenta una sfida per il futuro dell’Italia, e gli agricoltori hanno pieno titolo per svolgere il ruolo di sentinelle. In questa direzione, come ha ribadito Alberto Giombetti Responsabile Ufficio del Presidente, Relazioni Esterne e Territoriali CIA, la Confederazione ha chiesto ai Ministeri di competenza di attivare una convenzione affinché gli agricoltori possano diventare le "sentinelle del bello". 
Una maggiore offerta di servizi con positive ricadute su agriturismi e aziende agricole, dunque, quale ulteriore elemento di attrattiva soprattutto nei siti di particolare interesse storico-artistico. Elemento che rientra nelle attività multifunzionali del settore agricolo sempre più interconnesso allo sviluppo, alla promozione e alla valorizzazione del territorio, come sostenuto dal presidente nazionale di Turismo Verde Giulio Sparascio.

Prezzi agricoli, la Ue interviene

Il consiglio del ministro dell’agricoltura, riunito a Bruxelles, ha varato un pacchetto di aiuti a sostegno dei prezzi e dei mercati agricoli. Il valore complessivo delle misure a favore di latte, carni suine e ortofrutta è di 500 milioni di euro. Il via defnitivo agli interventi è stato dato dal Commissario Ue, Phil Hogan, dopo che nelle sessioni precedenti il ministro italiano delle Politiche agricole, Maurizio Martina, era riuscito a creare una frote alleanza con Francia, Spagna e Germania.

Nel dettaglio il pacchetto prevede per il comparto lattiero caseario un nuovo intervento da 500 milioni di euro complessivi: una quota di 150 milioni di euro serviranno a finanziare a livello europeo la programmazione produttiva volontaria, con l'intento di contenere la produzione e arrestare il calo dei prezzi alla stalla. La misura sarà attiva da metà settembre.
La Commissione ha inoltre stanziato 350 milioni su azioni più flessibili a livello nazionale. All'Italia vengono destinati 21 milioni di euro che potranno essere utilizzati per sostenere regimi di qualità, incentivare gli allevamenti al pascolo, introdurre misure di supporto al credito o favorire aggregazione e cooperazione tra allevatori.
Per il comparto ortofrutticolo è stato stabilito un aumento dei prezzi di ritiro di mercato, decisione più volte sollecitata dall'Italia e che sarà definita nel dettaglio con atti delegati. Per venire incontro alle esigenze degli agricoltori gli anticipi dei premi Pac vengono aumentati dal 50 al 70%.
«Le proposte del commissario Hogan - ha dichiarato a margine il ministro Maurizio Martina - vanno nella direzione da noi indicata per dare risposte concrete agli allevatori e agli agricoltori. Finalmente non solo misure spot, ma anche potenzialmente interventi strutturali per affrontare la crisi del settore lattiero. C'è il sostegno alla programmazione produttiva del latte che varrà per tutta Europa con tempi e risorse certe, sul quale avremmo voluto ancora più coraggio da parte della Commissione. Il budget da 350 milioni su misure flessibili, anche di medio periodo, in qualche modo disegna un primo punto di partenza per la costruzione di una Ocm Latte ed è importante che sia indirizzato per la salvaguardia soprattutto dei piccoli produttori. Per l'Italia significa uno stanziamento da circa 21 milioni di euro, che utilizzeremo anche per un supporto alla crisi del latte ovino».