martedì 30 maggio 2017

Lettera aperta di Gianni Porcelli, vicedirettore confagricoltura Bari: Basta corporativismi

Nei primi giorni di Maggio, con il mio amico Walter Monari Direttore del Consorzio della Ciliegia di Vignola, abbiamo visitato una zona di produzione di ciliegie posta a sud di Barcellona nella Valle dell’Ebro. Pensavo di aver visto parecchio nel mondo, invece ho assistito a delle realtà spaventosamente avanti sotto l’aspetto delle varietà e dei sistemi colturali del ciliegio: onestamente inesistente l’attività promozionale e poco entusiasmante quella commerciale.Quali altre indicazioni ho ricavato dal viaggio in Spagna?

Ampiezza media delle aziende di ciliegio visitate 70 ettari.

Costi di manodopera pari a circa i 2/3 dei nostri.

Possiamo continuare a fare la battaglia sui prezzi e sulle quantità? Direi proprio di no!

Quattro giorni in auto con una persona conosciuta nel mondo per l’attività di promozione della ciliegia, uniti alla mia poca discrezione, mi hanno fatto assistere ad una serie di colloqui telefonici con persone che chiamavano da tutto il mondo: ero esterrefatto dalle rinunce a contratti con prezzi che a me sembravano più che accettabili. La risposta alle mie domande era “io non svendo il marchio prima che inizi la campagna”.

Come nostra abitudine, al ritorno, ci fermiamo in un ipermercato in Francia: prezzo di una ciliegia Bigarreaux allo scaffale pari a 4,5 euro al kg ed era solo il 3 Maggio. Ci siamo detti sarà “una campagna difficile”.

Torno a Bisceglie ed era da poco iniziata la campagna delle ciliegie e dopo qualche giorno prime grosse difficoltà di prezzo per la ciliegia Bigarreaux. Comincia la solita, classica guerra fra i poveri con articoli sui giornali dove i produttori accusano i commercianti di fare cartello sul prezzo, i commercianti dichiarano che il prodotto era guasto, qualcuno si inventa che la soluzione dei problemi potrebbe essere una bella promozione nei mercatini locali di vendita diretta che come è ampiamente noto riescono a toccare anche la quota del 5% del venduto rispetto alla massa prodotta.

Ogni giorno sento Walter Monari da Vignola per scambiarci dati sui prezzi e due giorni fa mi dice: “È una campagna complessa, a Vignola dal prodotto bellissimo oggi si ricavano solo 6 euro, da quello bello 5 euro e da quello non bello 2,5/3 euro”. Io sto bleffando al rialzo quando racconto dei nostri prezzi perché mi vergogno.

Ma questi di Vignola come fanno anche in una campagna difficile a spuntare dei prezzi sensibilmente più alti dei nostri?

È pura fortuna o, forse, anni di attività promozionale, di insistenza su un marchio unico territoriale servono a qualcosa?

Ho la sensazione che i prossimi giorni saranno disastrosi per le nostre ciliegie.

Una lunga premessa nella descrizione di alcuni fatti per andare a conclusioni che, probabilmente, in tanti hanno già capito.

Se la guerra ai nostri competitor non possiamo farla sulla quantità, se non possiamo farla sui costi e poi non facciamo nulla sulle politiche di valorizzazione e di promozione congiunta, allora la nostra cerasicoltura rischia seriamente di morire.

Nel 2003 abbiamo costituito il Consorzio della Ciliegia di Bisceglie con l’obiettivo di fare un semplice copia-incolla di quello di Vignola, dove quasi tutto il prodotto viene commercializzato con un unico marchio praticamente ignorando quello della cooperativa o del commerciante che lo confeziona.

Abbiamo rivoluzionato il mercato inventandoci un sistema informatizzato di aste all’olandese per tentare di intercettare la più vasta platea di acquirenti garantendo un sistema di tutela della qualità di alto livello.

Sono uscito esausto da un po’ di anni di lavoro sull’argomento ed ho concluso che, da me per primo, non siamo ancora culturalmente pronti per queste cose.

Tutti pensiamo ancora che la nostra etichetta è la migliore del mondo, molti produttori si lasciano ancora ammaliare da un centesimo in più spuntato per strada, gli operatori del mercato si lasciano convincere dalla vendita del quotidiano e rinunciano ad un progetto a più lungo termine sicuramente più faticoso, i tecnici (o presunti tali come me) preferiscono le consulenze che danno redditi immediati.

Lo dico anche agli amici del sud barese che nemmeno ci hanno provato: a mio parere non andiamo da nessuna parte!

Il progetto Consorzio della Ciliegia unico per la Puglia, il progetto del binomio prodotto-territorio, è l’unico che può salvarci, ma tutta la filiera deve dimenticare il passato e lavorare compatta ed all’unisono per il futuro.

Agli amici commercianti, ed anche a quelli del sud barese, mi permetto di dire che non basta avere la calibratrice più bella del mondo e, forse, non è nemmeno molto simpatico fare freddamente il commercio ignorando il territorio.

Non per noi stessi perché i risultati non li vedremo noi, ma per lasciare qualcosa di serio ai nostri figli e non il solito “purtroppo il sud è questo”.

Potremo lasciare delle bellissime aziende avviate, ma l’emozione per una cosa fatta per tutta la filiera e che rimanga nel tempo non ha prezzo!!

La Puglia produce il 40% delle ciliegie prodotte su scala nazionale: dobbiamo lavorare immediatamente ad un progetto a MARCHIO CILIEGIE DI PUGLIA nel quale tutti rinunciano alla nostra etichetta per uscire con un marchio unico, controllato, garantito e che racconti la storia. I commercianti, gli esportatori ne devono essere i primi promotori!!!!

Vi prego e prego tutti quanti: basta con le lamentale, basta con i personalismi, basta con i corporativismi. Lavoriamo tutti insieme senza schieramenti ed a fine di questa campagna convochiamo un incontro degli “stati maggiori della ciliegia di Puglia” nel quale confrontarsi per un uscire con un progetto condiviso.




Gianni Porcelli, presidente Consorzio Ciliegia di Bisceglie e vicedirettore Confagricoltura Bari

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