giovedì 4 gennaio 2018

Contadini o agricoltori?

Chi sono oggi gli agricoltori e chi sono i contadini? Quali le somiglianze e le differenze? Persone, status sociale specifico o condizione di vita e di lavoro? Tra storia e attualità, modifiche lessicali e codice civile, trasformazioni e resilienze, le risposte che sono un’analisi appassionata e dettagliata di Alfonso Pascale su Olioofficina Magazine. Nella rassegna di Pascale: gli agricoltori oggi; gli agricoltori per l’autoconsumo; le proprietà collettive; gli agricoltori, ieri; i circuiti locali del mercato della terra; gli agricoltori contadini; gli antichi abitanti del contado; i contadini come lavoratori della terra; i sistemi territoriali; i sistemi locali della cascina; i sistemi locali della pluriattività; i sistemi locali della mezzadria e della colonia; l’esplosione della proprietà contadina; le trasformazioni delle campagne; urbano e rurale si sovrappongono; laicità e ruralitudine. Qui il link all'articolo su olioofficina.it


Gli agricoltori, oggi

Oggi gli agricoltori sono coloro che svolgono una o più fra le tante attività agricole. Queste possono manifestarsi come cerealicoltura, orticoltura, floricoltura, frutticoltura, viticoltura, olivicoltura, silvicoltura, vivaismo ornamentale e orticolo e quant’altro abbia a che fare con la coltivazione di specie vegetali. Sono attività agricole anche le varie forme di allevamento degli animali. E poi rientrano sempre nell’alveo delle attività agricole la trasformazione di prodotti agricoli in azienda, la vendita diretta di prodotti aziendali, la fornitura di servizi sociali, socio-sanitari, educativi, ricreativi, ambientali e di ospitalità turistica mediante l’utilizzo di risorse materiali e immateriali dell’agricoltura. Coloro che praticano tali attività possono identificarsi come cerealicoltori, orticoltori, frutticoltori, viticoltori, olivicoltori, allevatori, silvicoltori, florovivaisti, manutentori del territorio, custodi della biodiversità, operatori agrituristici o di agricoltura sociale, ma restano comunque agricoltori e con tale termine sono di fatto identificati.

Il codice civile identifica l’agricoltore con l’imprenditore agricolo, cioè con chi esercita professionalmente un’attività agricola organizzata al fine della produzione o dello scambio di beni o di servizi. Un’attività agricola che, dunque, ha come fine ultimo il mercato.
Gli agricoltori, ieri

Al termine unificante di “agricoltore” si è pervenuti mediante l’incrocio di processi storici molteplici che si sono sviluppati negli ultimi due secoli e mezzo.

A partire dai primi anni dell’Ottocento, nei territori italiani del Centro-Nord annessi alla Francia rivoluzionaria, nelle Repubbliche cisalpine e poi nel Regno d’Italia, le élite napoleoniche intravidero nei proprietari terrieri uno strumento di stabilizzazione sociale e politica e una base di consenso. Formare un notabilato terriero fu, dunque, un disegno politico consapevolmente realizzato mediante l’abolizione della feudalità e, nello stesso tempo, la vendita dell’asse ecclesiastico e dei beni demaniali. Non solo gruppi nobiliari ma anche borghesi (mercanti, notai, medici, avvocati) costituirono proprietà di medio-grandi dimensioni.

Nel Mezzogiorno, un processo analogo si era già avviato nella seconda metà del Settecento con l’alienazione dei beni dei gesuiti, la vendita dei beni della chiesa calabrese, la censuazione del patrimonio ecclesiastico siciliano. E proseguì nei primi decenni dell’Ottocento con le leggi eversive della feudalità, emanate da Giuseppe Bonaparte e attuate da Gioacchino Murat. Feudatari, amministratori di feudi, gabellotti, professionisti diventarono così proprietari terrieri.

Il tutto segnò finalmente la sconfitta dell’Ancien regime, ma avvenne in un quadro di forti conflitti, colpevoli sottovalutazioni e odiosi pregiudizi. Non si tenne conto, ad esempio, del ruolo propulsivo che nei secoli precedenti avevano svolto i monti di pietà, le confraternite, le chiese ricettizie, le misericordie, gli enti associativi per la gestione dei beni demaniali di proprietà diretta delle popolazioni locali. Furbizie e incomprensioni fecero sì che ai vecchi feudatari si sostituisse una borghesia terriera decisa a sottoporre quanta più terra possibile al nuovo regime di proprietà privata. Essa si impadronì delle amministrazioni comunali, usurpò e cancellò gli antichi diritti delle popolazioni sulle terre demaniali, comprò le terre della chiesa, esercitò su larga scala l’usura ai danni dei contadini poveri e impose contratti agrari ben più duri di quelli precedenti.
Gli agricoltori contadini

Quelli che oggi vengono indicati come “contadini” sono, in realtà, agricoltori che reinventano in forme moderne stili di vita, modi di produrre e scambiare beni, modi di organizzare servizi e attività di cura per le persone, le comunità e l’ambiente, rielaborando elementi della cultura rurale. Questi agricoltori non costituiscono una categoria sociale specifica e a se stante perché la particolare figura sociale del contadino è del tutto scomparsa con il compimento del processo di modernizzazione dell’agricoltura e delle campagne.

Attualmente il termine “contadino” è un aggettivo che qualifica una condizione esistenziale o delle pratiche specifiche. Ad esempio, il parco agroalimentare più grande del mondo, allestito recentemente a Bologna da Andrea Segrè e Oscar Farinetti, si chiama Fico, Fabbrica italiana contadina. Nel sito internet del parco c’è scritto: “Un luogo di produzione di valori, prima che di prodotti. Italiana, dal seme all’espressione compiuta. E contadina, intesa come pratica, pienamente connessa alla terra”. Più che di “contadino”, che rimanda ad uno status sociale ormai scomparso, bisognerebbe più appropriatamente parlare di ruralitudine a cui ricondurre ogni elemento materiale e immateriale delle campagne, meritevole di essere ricostruito, rielaborato e reinventato.

Bisogna, dunque, precisare che gli agricoltori contadini di oggi non hanno nulla a che vedere coi contadini che vivono nelle aree del mondo meno avanzate o in via di sviluppo. I quali, viceversa, rassomigliano molto ai contadini vissuti qui, da noi, fino alla modernizzazione dell’agricoltura.
I contadini come lavoratori della terra

I contadini, intesi non più come abitanti del contado, ma piuttosto come lavoratori della terra, cominciarono ad essere presi in considerazione quando i Comuni e le monarchie iniziarono la lotta contro il feudalesimo e sentirono il bisogno di appoggiarsi ad un elemento, che era tutt’altro che legato alla classe baronale. Fu da quel momento che, acquistando maggiore coscienza di sé e delle proprie forze, i contadini riuscirono ad assicurarsi un trattamento più umano. Fecero leva sulle pratiche solidali da sempre esercitate in modo informale nelle campagne – come lo scambio di mano d’opera tra le famiglie agricole nei momenti di punta dei lavori aziendali, che sarà recepito nel nostro codice civile. A seconda delle regioni questa pratica collaborativa assunse una denominazione diversa: la prestarella o anche l’aiutarella.

A pratiche civili siffatte va collegata poi la lunga tradizione dei consorzi di bonifica come esperienza solidale per recuperare alla coltura terreni paludosi e acquitrinosi e per affrontare le esigenze di tutela idraulica e idrogeologica. E sempre a quelle pratiche va connesso il fenomeno – del tutto eccentrico rispetto ad altri paesi europei – delle origini rurali del primo socialismo italiano.

Autore : Alfonso Pascale

Fonte: Olioofficina

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