lunedì 8 gennaio 2018

Giovani e agricoltura: primi segnali di un ritorno alla terra?

Dopo quattro generazioni in cui il lavoro in agricoltura è stato rappresentato come ambito di miseria, ignoranza e fatica, i dati statistici indicano che i giovani stanno riscoprendo l’agricoltura anche e soprattutto come fonte di occupazione e reddito. Segnali “deboli”, ma in controtendenza rispetto all’abituale scenario fatto di giovani in fuga dalle campagne alla ricerca di un futuro professionale nelle città. L’agricoltura sta ridiventando uno dei settori a maggiore dinamicità imprenditoriale: cresce il numero degli occupati a differenza di tutti gli altri settori e soprattutto cresce la natalità delle aziende.

Le difficoltà economiche che attraversa il Paese, oltre a modificare stili di vita e consumo delle famiglie, stanno trasformando il quadro dei valori e delle aspirazioni professionali dei giovani. Una tendenza che emerge anche dall’analisi del trend delle iscrizioni alle facoltà universitarie e agli istituti professionali a indirizzo agrario. L’interesse dei giovani per il mondo rurale è alla base anche della crescita delle iscrizioni alle scuole di agraria, enogastronomia e turismo.

E presto per dire se siamo entrati in un profondo cambiamento nel rapporto tra giovani e mondo dell’agricoltura, con un “ritorno alla terra” fondato su motivazioni di carattere economico, professionale e culturale, anche perché a ridimensionare i dati statistici ci ha pensato la recente ricerca “Giovani ed agricoltura, risorsa per il Paese”, realizzata da Nomisma per l’Informatore Agrario e Federunacoma. I dati capovolgono addirittura il quadro, smentendo la tesi del ritorno all’agricoltura, e più di un dubbio sul loro futuro professionale ce l’hanno gli stessi giovani, intervistati nell’ambito di un campione di circa 600 aziende agricole condotte da under 40. Il dato più preoccupante riguarda l’autostima dei giovani agricoltori, poiché buona parte di loro pensa che la società percepisce il mestiere di agricoltore di status inferiore ad altri lavori.
Che l’agricoltura non sia in cima alle preferenze dei giovani in cerca di prima occupazione emerge anche da un’altra indagine di Nomisma su un campione rappresentativo di giovani italiani, che seppure attribuiscono un ruolo sociale importante all’agricoltura (tutela del territorio, valorizzazione del paesaggio, ecc.), poi finiscono per ammettere che “forse è meglio se la praticano altri”. In definitiva, è il commento di Nomisma, per rendere attraente l’agricoltura è necessario da un lato restituirle il giusto ruolo sociale per favorire l’ingresso e la permanenza di giovani, dall’altro bisogna consolidare gli strumenti per favorire competitività, innovazione ed accesso alla terra.
Nel Mezzogiorno, dove il Pil negli ultimi 5 anni è andato giù più che in Grecia, l’agricoltura non è solo sfruttamento della manodopera migrante e caporalato. La Calabria, ad esempio, è al secondo posto per numero di aziende biologiche e per ettari di terreno coltivati biologicamente. I “nuovi contadini” non hanno più nulla a che vedere con quella “agricoltura dell’assurdo” stigmatizzata da Rossi Doria: un modello produttivo votato all’autoconsumo, in cui la sproporzione tra l’impegno lavorativo e i risultati concreti aveva l’effetto di rendere l’attività diseconomica e faticosa, al punto di indurre ad emigrare in cerca di condizioni di lavoro e vita più soddisfacenti. Oggi, invece, l’agricoltura è fatta di idee, innovazione, creatività, cultura e professionalità.

Fonte: Punto.ponte

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