martedì 20 febbraio 2018

"Agrumi d'Italia", patrimonio ambientale ed economico. Intervento di Diana alla tavola rotonda organizzata dal FAI


«Cosa c’è dietro un agrume? Senza dubbio un paesaggio, un patrimonio ambientale e culturale importante, in grado di essere apprezzato dai cittadini e dai turisti, capace di innescare una spirale positiva, di benessere fisico ed economico.  Ma ci sono anche il lavoro e la passione degli agricoltori. E’ importantissimo promuovere interventi di recupero, manutenzione e salvaguardia degli agrumeti caratteristici per tutelare l’ambiente, difendere il territorio ed il suolo e conservare i paesaggi tradizionali, ma è altrettanto importante salvaguardare le nostre produzioni con una politica economica adeguata». Lo ha sottolineato Gerardo Diana, presidente della federazione nazionale agrumicola di Confagricoltura alla tavola rotonda "Agrumi d'Italia. Mercati e paesaggi" organizzata dal Fai a Milano.
Il settore agrumicolo - osserva Confagricoltura – è una produzione d’eccellenza per l’elevato profilo qualitativo dei suoi prodotti in termini organolettici e nutrizionali. Sessantaduemila aziende producono 2,8 milioni di tonnellate (di cui 1,6 di arance che rappresentano il 57% del paniere agrumicolo) con un valore che sfiora il miliardo di euro. E l’80% del prodotto viene da Calabria e Sicilia.
«Numeri importanti per questo settore – ha spiegato Gerardo Diana - caratterizzato da diversi punti di forza: produzione concentrata in areale ristretto, vocazione produttiva territoriale, forte legame tra territorio e produzioni tipiche (Dop, Igp); elevato profilo qualitativo del prodotto sia in termini organolettici che nutrizionali, elevata professionalità degli imprenditori agricoli, salubrità del prodotto».
Il comparto - rimarca Confagricoltura - deve fare i conti con diversi problemi: la difficoltà ad esportare sui mercati esteri, i pochi limiti che impone l’Europa alle merci in ingresso, creando il rischio di importare fitopatie. Occorre anche un’adeguata politica economica per promuovere la competitività delle nostre imprese.
«Il settore – ha concluso Diana nel suo intervento – è sottoposto ad una forte concorrenza da Paesi con condizioni di produzione spesso molto vantaggiose, costi notevolmente più bassi dei nostri e norme ambientali, di sicurezza e di qualità meno rigorose. I problemi per le nostre imprese si potranno risolvere solo in un’ottica di sistema, attraverso scelte nazionali ed europee che rispettino il principio di precauzione e quello di reciprocità».

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